mercoledì 20 giugno 2012

Jemelia e la cerva


Jemelia e la cerva 
In un umilissimo villaggio che sorgeva sopra un costone dei monti Urali viveva il vecchio Jemelia. La sorte, col pover' uomo, non era stata generosa. Gli erano morti la moglie e i figliuoli e anche i nipotini. Non gli restava che il bimbo del suo primogenito, una creatura malaticcia e triste: Grichuk. Jemelia si affaticava perché all' orfanello non mancasse nulla. Prodigava al piccino le cure più amorevoli, raccontava episodi interessanti della sua vita di cacciatore, parlava di cervi e di lupi, di scoiattoli e di tassi, di gazze e di falchi.
Un mattino, al risveglio, il bimbo disse:
- "Ho sognato un cerbiatto, un bellissimo cerbiatto giallo. Lo avevi ucciso tu nonno. Era ancora caldo, sembrava che dormisse. Io lo accarezzavo, lo accarezzavo. Mi dava piacere passare le mani sul pelame lucido, fine.
Jemelia guardava il bimbo con meraviglia.
Quando mai si era animato così ?
I suoi occhi risplendevano, le labbra si allungavano nella chiarità del sorriso.
- "Nonno vai a caccia. Io desidero che tu uccida un cerbiatto, un cerbiatto color del' oro e che me lo porti in dono,
- "Ma sì bimbo, ma sì, piccolo angelo. Andrò a caccia. Fa caldo, adesso, e la cerva per sottrarre i suoi piccoli alle troppo ardenti aggressioni del sole, si rifugia tra le fresche ombre della pineta. Andrò nella pineta, o mio adorato Grichuk, andrò domani al' alba. Non ritornerò, stai certo, senza il cerbiatto che desideri, senza il bel cerbiatto giallo.
Jemelia affidò il bimbo all' onesta e servizievole Melania, e il giorno dopo, all' alba, mosse con il cane Lysko, verso il bosco. La sua abilità di cacciatore non lo soccorse subito. Si affaticò inutilmente per un' interminabile settimana. Dormiva sotto gli alberi, mangiava erbe, radici e dava al suo fedele compagno qualche pagnottella d' orzo.
In pochissimo tempo la fame, il sonno, la fatica, lo ridussero un' ombra. Il cane, di quando in quando, lo saettava con i suoi lunghi sguardi di rimprovero. Voleva dirgli: "Perché cerchi ciò che non si trova ? Accontentati di uccelli. Non vedi ? Ce ne sono tanti, tanti; di ogni specie, di ogni dimensione".
Jemelia accarezzava la besta fedele.
- "Non capisci ? se sparassi contro gli uccelli farei fuggire la cerva e i suoi piccoli. Io devo colpire un cerbiatto. Vuoi che non ci sia nella selva, un cerbiatto dal pelo giallo? Ci deve essere. C' è, di certo. Bisogna aver pazienza o Lysko mio. Capisco: le pagnottelle d' orzo non ti piacciono troppo. Preferiresti divorare una pernice grassa o, in mancanza di meglio, due allodole. Beh, qualche volta bisogna sacrificarsi, vecchio mio. Anch'io mi sacrifico.
Un giorno, al suo risveglio, il vecchio vide una cerva bellissima. Era dinnanzi a lui, lo guardava coi suoi occhi dolci, color del sole. Il cane emise un urlo gutturale di battaglia, e l bestia agile, in un attimo disparve.
Jemelia e Lysko, con estrema pazienza, seguirono le tracce del nobile animale e, tardi, molto tardi, a sera, raggiunsero la tana in cui i cerbiatti gi dormivano. La madre, la bellissima cerva, uscì dal domestico rifugio e si parò eroicamente dinnanzi ai suoi nati. Sembrava che dicesse al cacciatore :"Ecco colpiscimi. Non temo il martirio, non temo la morte. Colpiscimi ma risparmia i miei piccoli."
Jemelia vide, nei grandi occhi luminosi e dolci, tremolare una lacrima. "Possibile" si domandò "possibile che una cerva pianga ?".
Il mugolio minaccioso del cane destò i piccoli che subito si levarono e si diedero, con passo ancor incerto, alla fuga.
Una delle bestiole, la più ingenua, fece un balzo verso Jemelia. Anche la madre, allora si lanciò in direzione del cacciatore.
L' uomo rivolse il fucile verso il cerbiatto che, adesso, a pochi passi di distanza, se ne stava immobile a guardarlo.
Era un cerbiatto bellissimo. Il suo pelame lucido brillava ai raggi accesi del tramonto. Ma che aveva Jemelia ? Pietà, ecco. Aveva pietà della bestiola ingenua, della madre eroica. La cerva gli si era avvicinata, gli lambiva, con la lingua di fuoco la mano che stringeva l' arma. Non ebbe il coraggio di uccidere.
-Via Lysko, - ordinò autorevole - via andiamo.
La bestia dovette arrendersi, seguirlo.
Così dopo lunghi giorni di fatica, di sacrifici, di ansia, Jemelia ritornò a casa senza il cerbiatto, senza nulla.
- "Non so - disse al nipotino - non so spiegarti quale fenomeno sia avvenuto in me; il cerbiatto l' ho visto, avrei potuto ucciderlo con estrema facilità.
Era un cerbiatto splendido, giallo; il cerbiatto che desideravi. Ma la madre piangeva. Ecco: ho proprio scorto delle lacrime nei grandi occhi della cerva. Tu piccolo, sei deluso, adesso, lo vedo.
Griuchuk abbracciò il nonno.
- Sono contento, invece.
- Contento ? Proprio ?
- Contento.
Il volto del bambino si era illuminato di una nuova luce.
Melania aveva preparato una grossa focaccia. Disse al vecchio:
 Prendi, mangia. Si vede che sei stanco e debole.
- Mangia - gridò Griuchuk. - Mangia nonnino. Anch' io ho appetito questa sera.
- Appetito ? E' un miracolo.
Il pasto fu gaio come non era mai stato. Melania offerse un grosso pezzo di focaccia anche a Lysko.
Finita la cena i commensali si addormentarono attorno alla tavola. Lysko improvvisamente svegliò tutti con un lungo mugolio.
- Che succede ? - domandò il vecchio aprendo gli occhi.
- Che succede ? - fece Griuchuk.
Ecco: dalla porta aperta entrata la cerva, la madre del cerbiatto giallo.
Il bellissimo animale si avvicinò al bimbo, lasciò cadere sul suo grembo un oggetto luminoso che aveva portato in bocca, poi si allontanò e disparve…
- O Griuchuk - disse Melania - la cerva ti ha fatto un dono.
Jemelia osservò l' oggetto luminoso
- E' una verga d'oro - proclamò con gioia - una verga d' oro. Siamo ricchi, ricchissimi.
Il nonno e il nipotino iniziarono una nuova esistenza, una esistenza felice e lieta.
Jemelia rinunziò per sempre alla caccia. Diceva:
- Mi sono accorto tropo tardi che anche la vita del più umile uccello è sacra.

(Fiaba popolare russa)




Tratto da : 
"Le più belle fiabe del mondo" vol. 3
Utet 1966