martedì 11 dicembre 2018

Jota "vegan"

Da quando, molti anni fa, ho scelto di fare a meno dei prodotti animali mi sono spesso sentito dire da parte di amici vegetariani, vegani e onnivori di quanto si sentisse la mancanza sulla mia tavola di un piatto fondamentale: la Jota.

Anzitutto perchè è una delle cose più buone al mondo; in seconda battuta perchè in quanto triestino mi risulta quasi impossibile rinunciare a questa tradizione.

La Jota, la cui pronuncia corretta si avvicina molto ad un doppia “T”, vogliamo ricordarlo è forse il piatto più rappresentativo della cucina giuliana. Consiste, in linea di principio, in una zuppa abbastanza densa costituita da crauti, fagioli e patate.

Avete capito bene: LA JOTA E' VEG.

In uno dei testi fondamentali della cucina triestina la ricetta originale prevede i seguenti ingredienti:

Fagioli
Patate
Cappucci garbi
Alloro
Olio
Farina
Aglio

E naturalmente acqua.

E' interessante notare come la presenza di componenti animali è a tal punto radicata che la maggior parte delle persone (triestini e non) è convinta che la presenza di strutto e pezzi di prosciutto o carne in genere faccia parte della tradizione, ma non è così. Tendo in ogni caso, e lo dico per correttezza intellettuale, ad escludere ogni qualsivoglia intento etico nell'esclusione delle componenti animali dalla ricetta originale. Sarebbe interessante riflettere, piuttosto, sulle motivazioni economiche, dal momento che è ormai riconosciuto che un'alimentazione priva di componenti animali, oltre ad essere più sana ed ecologica, è anche notevolmente più economica. In passato probabilmente questo aspetto acquistava ancor maggiore importanza in quanto piatto popolare.

Ma bando alle ciance. E' fondamentale procurarsi dei crauti di buona qualità. Inoltre può essere interessante sperimentare l'acquisto di fagioli freschi con tanto di baccello. Se la scelta e la preparazione di queste due componenti ha ricevuto la giusta cura il risultato si sentirà sicuramente.

Personalmente apprezzo l'uso della pentola a pressione, infatti con molta meno energia si riesce a cuocere, anche ad alte temperature, in un tempo decisamente minore.

La cosa migliore è soffriggere passo dopo passo direttamente nella pentola senza, ancora, coprirla. Si parte dalla farina e dall'olio extra vergine di oliva (quanto basta), poi aggiungiamo l'aglio, i fagioli ed infine i crauti con un po' di cumino. Si procede con le patate tagliate a pezzi abbastanza piccoli, avendo cura in ogni passaggio di aggiungere qualche cucchiaio d'acqua. Mi piace talvolta aggiungere mezza cipolla ancora in fase di soffrittura.


Dopo aver scottato qualche minuto aggiungiamo l'acqua, quanto basta, chiudiamo ed aspettiamo che la pentola fischi. Questo avviene di solito dopo pochi minuti; a questo punto possiamo abbassare drasticamente la fiamma, se non addirittura spegnerla finchè la pentola mantiene la pressione (è quest'ultima infatti l'elemento che permette di massimizzare l'apporto energetico creando calore dalla compressione). E' facile verificarlo sfiorando la valvola per vedere se sfiata ancora.

La chiave per la riuscita della Jota è il raggiungimento di un attimo in cui ineluttabilmente crauti, patate e fagioli si amalgamano fra loro creando l'alchimia unica che contraddistingue questa ricetta, sempre più apprezzata anche al di fuori della città di Trieste. La cottura secondo la mia personale opinione non dovrebbe durare meno di 25 minuti, ma più va, secondo me, meglio è.


Può essere interessante ultimare la preparazione con una goccia di olio extra vergine di oliva a crudo.



Il segreto che ogni triestino custodisce gelosamente è che la Jota il giorno dopo la cottura ha una marcia in più. Provare per credere.