Il prato di Default
Ricette vegane e liberi pensieri
martedì 9 giugno 2020
sabato 6 aprile 2019
Canederli veg
Ingredienti
Per i canederli:
2/3 panini raffermi;
2 bicchieri di latte vegetale non dolce (meglio di soia);
1 bicchiere di aquafaba (io ho usato acqua di cottura delle lenticchie);
4 cubetti di spinaci congelati (in alternativa l'equivalente di altre verdure lessate secondo la propria fantasia);
1 ciuffetto di prezzemolo tritato;
¼ di cipolla;
1 spicchio d'aglio;
2 cucchiai di farina di ceci;
2 cucchiai di farina 2;
80/100 g di formaggio vegan a pasta molle, similare allo stracchino.
Per il condimento:
brodo vegetale;
non indispensabile sugo o altro condimento per pasta/gnocchi.
Procedura
- taglia il pane a piccoli cubetti 1 o 2 cm circa, poi metti in ammollo nel latte vegetale e aquafaba;
- lessa gli spinaci, tritali grossolanamente, strizzali e lasciali a raffreddare;
- trita il prezzemolo, la cipolla e l'aglio;
- strizza il pane senza spezzarlo troppo, impastalo con gli spinaci;
- aggiungi il formaggio vegano molle, il prezzemolo, la cipolla e l'aglio;
- aggiungi la farina di ceci e metà farina 2;
- forma delle palline grandi una via di mezzo tra palline da ping pong e palle da tennis.
Cottura
- prepara del brodo vegetale saporito;
- quando raggiunge il bollore cala i canederli con delicatezza, come si fa con gli gnocchi;
- fai sobbollire tutto, il bollore troppo forte potrebbe farli disfare;
- nel giro di pochi minuti dovrebbero salire a galla, è il momento di spegnere il fornello.
A questo punto hai 2 alternative:
- Mangiarli in brodo con l'aggiunta a piacimento di lievito scaglie grana vegetale.
- Mangiarli asciutti con un buon sugo di pomodoro, ragù vegetale qualsiasi altra idea ti suggerisca la fantasia.
martedì 19 marzo 2019
martedì 11 dicembre 2018
Jota "vegan"
Da quando, molti anni fa, ho scelto di
fare a meno dei prodotti animali mi sono spesso sentito dire da parte
di amici vegetariani, vegani e onnivori di quanto si sentisse la mancanza sulla mia tavola di un piatto fondamentale: la Jota.
Anzitutto perchè è una delle cose più
buone al mondo; in seconda battuta perchè in quanto triestino mi
risulta quasi impossibile rinunciare a questa tradizione.
La Jota, la cui pronuncia corretta si
avvicina molto ad un doppia “T”, vogliamo ricordarlo è forse il
piatto più rappresentativo della cucina giuliana. Consiste, in linea
di principio, in una zuppa abbastanza densa costituita da crauti,
fagioli e patate.
Avete capito bene: LA JOTA E' VEG.
In uno dei testi fondamentali della cucina triestina la
ricetta originale prevede i seguenti ingredienti:
Fagioli
Patate
Cappucci garbi
Alloro
Olio
Farina
Aglio
E naturalmente acqua.
E' interessante notare come la presenza di componenti animali è a tal punto radicata
che la maggior parte delle persone (triestini e non) è convinta che
la presenza di strutto e pezzi di prosciutto o carne in genere faccia
parte della tradizione, ma non è così. Tendo in ogni caso, e lo
dico per correttezza intellettuale, ad escludere ogni qualsivoglia
intento etico nell'esclusione delle componenti animali dalla ricetta
originale. Sarebbe interessante riflettere, piuttosto, sulle
motivazioni economiche, dal momento che è ormai riconosciuto che
un'alimentazione priva di componenti animali, oltre ad essere più
sana ed ecologica, è anche notevolmente più economica. In passato
probabilmente questo aspetto acquistava ancor maggiore importanza in
quanto piatto popolare.
Ma bando alle ciance. E' fondamentale
procurarsi dei crauti di buona qualità. Inoltre può essere
interessante sperimentare l'acquisto di fagioli freschi con tanto di
baccello. Se la scelta e la preparazione di queste due componenti
ha ricevuto la giusta cura il risultato si sentirà sicuramente.
Personalmente apprezzo l'uso della
pentola a pressione, infatti con molta meno energia si riesce a
cuocere, anche ad alte temperature, in un tempo decisamente minore.
La cosa migliore è soffriggere passo dopo passo
direttamente nella pentola senza, ancora, coprirla. Si parte dalla
farina e dall'olio extra vergine di oliva (quanto basta), poi
aggiungiamo l'aglio, i fagioli ed infine i crauti con un
po' di cumino. Si procede con le patate tagliate a pezzi abbastanza
piccoli, avendo cura in ogni passaggio di aggiungere qualche
cucchiaio d'acqua. Mi piace talvolta aggiungere mezza cipolla ancora in fase di soffrittura.
Dopo aver scottato qualche minuto
aggiungiamo l'acqua, quanto basta, chiudiamo ed aspettiamo che la
pentola fischi. Questo avviene di solito dopo pochi minuti; a questo
punto possiamo abbassare drasticamente la fiamma, se non addirittura
spegnerla finchè la pentola mantiene la pressione (è quest'ultima
infatti l'elemento che permette di massimizzare l'apporto energetico
creando calore dalla compressione). E' facile verificarlo sfiorando
la valvola per vedere se sfiata ancora.
La chiave per la riuscita della Jota è
il raggiungimento di un attimo in cui ineluttabilmente
crauti, patate e fagioli si amalgamano fra loro creando l'alchimia
unica che contraddistingue questa ricetta, sempre più
apprezzata anche al di fuori della città di Trieste. La cottura
secondo la mia personale opinione non dovrebbe durare meno di 25
minuti, ma più va, secondo me, meglio è.
Può essere interessante ultimare la
preparazione con una goccia di olio extra vergine di oliva a crudo.
Il segreto che ogni triestino
custodisce gelosamente è che la Jota il giorno dopo la cottura ha
una marcia in più. Provare per credere.
lunedì 5 marzo 2018
giovedì 27 luglio 2017
Pesto Vegan
Sono senz'altro apprezzabili dal punto di vista etico alcuni tentativi commerciali di proporre alla grande distribuzione il pesto vegano, se non altro in un'ottica di alternativa ai vasettini tradizionali che si trovano in commercio, di qualità spesso discutibile. Sempre meglio di niente, ovvio.
Tuttavia, con il pesto non si scherza: bisogna farlo in casa, e farlo bene.
Antica arte, quella del "battuto d'aglio e basilico", come lo chiama Aidano Schmuckher nella sua bibbia della cucina ligure "Pesto e mortà" (Mondani Editore - Genova 1984). Libro assai poco vegano va detto, ma denso di tradizione, e dal quale possiamo certo trarre qualche spunto, e riadattare una certa "filosofia del gusto" in chiave Veg. La mia è una proposta di rielaborazione quanto più fedele possibile allo spirito della ricetta.
Non sto qui certo a raccontarvi le
solite cose, sul perchè un'alternativa vegana è preferibile, sotto
tutti i punti di vista, per se stessi e per la nostra salute, per il Pianeta, e ultima ma non certo ultima,
per la nostra Etica.
Il pesto è senza dubbio una delle cose
più buone e semplici che delle mani sapienti possano creare.
Un buon pesto, certo, è fatto con degli ingredienti di qualità: aglio, olio EVO, e basilico possibilmente
ligure o di una delle zone limitrofe (altrimenti viene buono lo
stesso).
Alcuni degli ingredienti della ricetta
tradizionale genovese sono già vegani in origine, quali:
Basilico (in quantità)
Pinoli
Aglio (uno, massimo due spicchi)
Olio EVO (anch'esso in quantità)
La componente del pesto che rispetta invece i
soli canoni vegetariani, quindi il formaggio, e che va quindi sostituito, va creata in qualche semplice passaggio con ingredienti alternativi. In particolare bisogna
creare un buon equilibrio tra mandorle non sbucciate, un po' di sale, lievito alimentare e olio EVO. Ci stupiremo di quanto la crema che otterremo
potrà essere simile al sapore del Grana e del Pecorino. I palati più sofisticati apprezzeranno una spolveratina di miso in polvere per dare un sapore, se possibile, ancora più deciso.
Un buon mixer certamente ci aiuterà, altrimenti tutto è
assolutamente fattibile (anzi, consigliato, almeno dai creatori di pesto più ortodossi) altresì con un buon mortaio, in pietra o in
legno.
Prepariamo dunque il nostro “formaggio”.
Mettiamo nel mixer uno spicchio d'aglio bello grande, i pinoli, le
mandorle, magari una noce, un pizzico di sale grosso, il lievito alimentare e un bel
po' di olio EVO. La pasta ottenuta la mettiamo in una piccola ciotola.
Prendiamo le foglioline di basilico,
laviamole bene e mettiamole nel mixer. Lavoriamo un po' staccando, a
mixer spento, di tanto in tanto, le foglie tritate, dalle pareti per
farle rielaborare dalla lama. Aggiungendo un bel po' d'olio EVO
otterremo una crema verde scura perfettamente uniforme.
Non resta che unire le due parti. Per un buon risultato bisogna modulare con cura la consistenza, facendo in modo che il nostro battuto non sia né solido né
liquido. Lo faremo aggiungendo, all'occorrenza, un altro po' d'olio EVO e
qualche cucchiaino d'acqua tiepida (veramente con parsimonia).
Il risultato sarà sfacciatamente buono (ed economico).
In tavola !
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giovedì 18 maggio 2017
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