venerdì 3 febbraio 2012

Mosca 2012


Ezio Mauro di sicuro non me ne vorrà se gli rubo qualche riga dal suo devo dire simpatico articolo pubblicato oggi su Repubblica. Perchè c'è bisogno anche qui di 10 100 1000 Evghenija Cirikova ed Oleg Kashin. Ci siano da esempio.



"...Basta andare a trovare a Kommersant Oleg Kashin, che ha scritto un lungo articolo sulla protesta per difendere il bosco di Khimki, alla periferia di Mosca, minacciato da un raddoppio autostradale, e quando una sera tardi è tornato a casa ha trovato due persone che lo aspettavano sul marciapiede con un mazzo di fiori in mano. Nel mazzo c'era un tubo di ferro, lo hanno colpito più di 50 volte in testa, lasciandolo nel sangue finché ore dopo un netturbino non ha chiamato un'ambulanza.

Quel bosco che comincia dove i russi hanno fermato i nazisti, è coperto di neve, col sentiero battuto in mezzo a pioppi e acacie, e subito dietro si allungano le betulle, alte, bianche e flessibili. Soltanto che, appena ti avvicini, c'è una macchia di vernice rossa sopra un vecchio pioppo, su quella betulla, sull'acacia qui di fianco, forte e robusta. È il segno che quegli alberi sono condannati, devono morire, qui passa il tracciato della strada che trasformerà il bosco, come dice il generale Gromov, governatore, in una "infrastruttura".

Evghenija Cirikova, che ha 35 anni e due figlie piccole, vive a pochi passi dal bosco, in due stanze al primo piano di una vecchia casa kruscioviana dove Mosca finisce e non comincia nient'altro che periferia. Lei è entrata nella piccola foresta con altre mamme, qualche studente, pochi contadini coi capelli bianchi. Si sono fermati davanti ad un recinto di fortuna: la Zona. Dentro, hanno visto l'inizio della distruzione: alberi tagliati, tronchi piegati, mozziconi di pioppi, ceppi di betulla, un cimitero di alberi, sotto la neve. E attorno tutti quei segni rossi sugli altri alberi da abbattere.

Evghenija, che non aveva mai fatto politica in vita sua, si è infilata sotto i bulldozer, e li ha fermati col suo corpo, insieme con i suoi amici. Poi il potere ha cercato di negoziare, offrendole una casa più grande, ma lei ha risposto che vuole capire che fine faranno i boschi e il verde attorno a Mosca, i fiumi e i laghetti. Non sono del potere, ma nostri, spiega, non possono decidere loro. Devono smetterla di trasformare il nostro territorio in soldi, che attraverso soci francesi si infilano in un saliscendi di off-shore e finiscono agli amici del Cremlino: basta con questo potere incontrollato e famelico.

Mentre lo diceva, Evghenija ha cominciato a far politica, è finita sul palco di tutte le manifestazioni, vengono ecologisti da lontano a parlarle, oggi le televisioni svedese e finlandese la scortano nel bosco. Qui ha scelto la zona più bella, Bubrova, al confine coi tagli, e ha montato un vagone dove c'è una vigilanza 24 ore su 24, una sorta di sentinella a guardia della natura russa minacciata dal potere. Attorno, hanno scavato qualche trincea di difesa, c'è il riparo per i cani, e dentro ci sta appena un letto, una chitarra e una stufa. Per ora, i lavori proseguono tutt'attorno, e lì Evghenija li ha fermati.

Ma non le basta più. Ha creato da un mese una radio ecologista sul web, diretta da Aleksej Massolov, domani una colonna ecologista marcerà alla manifestazione, un'altra novità politica assoluta. Il giorno prima del voto contestato per il Parlamento, il gruppo del bosco di Khimki si è presentato davanti alla Casa Bianca, sede del governo, a chiedere giustizia, Evghenija aveva in mano una bilancia di plastica presa tra i giochi di sua figlia, l'hanno bloccata, portata via, fermata per un giorno.

È bastato un barrito dalla sirena del furgone della milizia per disperdere in un attimo tutto il gruppo. Ma il giorno dopo Evghenija ha ricominciato, e non ha più smesso. Se prendi coscienza dei tuoi diritti, spiega, vuoi andare fino in fondo, vuoi semplicemente essere libero. Ecco perché vado in piazza a parlare del bosco, ma anche a chiedere elezioni libere, questo potere se ne deve andare..."